Migra - osservatorio sulla discriminazione degli immigrati nel lavoro

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Lavoro immigrato. Tra bisogno, timore ed amore

  • 03/11/2006
  • Fabio Pipinato, Fondazione Fontana

Lavoro immigrato. Tra bisogno, timore e amore. Di Fabio Pipinato*

Domanda ed offerta. Da un lato masse di giovani che emigrano o, meglio, fuggono in cerca di opportunità di lavoro.

Dall’altro, nel vecchio continente, masse in età pensionabile bisognose d’assistenza che necessitano di lavoro immigrato, poco costoso. Milioni di badanti, provenienti soprattutto dalla nuova Europa, vengono così a compensare il tempo da dedicare e quindi l’amore di cui la vecchia Europa non è più capace.

Loro, perennemente in corriera attenuano milioni di conflitti intra-familiari di genitori in carriera. Accompagnano la terza età e fanno crescere la prima. È solo uno spezzone delle molte fotografie del rapporto Caritas/Migrantes sulla presenza degli stranieri in Italia presentato giovedì scorso a Roma. Se la maggior parte dei media si è concentrata sul fenomeno italiano, il rapporto contestualizza l’immigrazione nello scenario mondiale. Sono 191 milioni gli immigrati nel mondo: uno su dieci è richiedente asilo o rifugiato, uno su cinque è irregolare mentre una donna su venticinque è vittima della tratta.

Gli Stati Uniti sono il Paese di massima immigrazione, mentre la Cina vede una collettività di 34 milioni di persone all’estero che assicura un gettito di rimesse di 21,3 miliardi di dollari l’anno. L’Europa, tra bisogno e timore, accoglie oggi 26 milioni di cittadini stranieri che vengono a compensare una “necessità demografica ed una lavorativa”: nel 2050 mancheranno infatti 52 milioni di persone in età da lavoro – segnala il rapporto. In Italia gli immigrati pareggiano il numero degli emigrati: 3 milioni. In Trentino Alto Adige le due province hanno una percentuale d’immigrazione del 6,3% superiore alla media italiana (5,2%) e Bolzano rilascia più carte di soggiorno: il 46,6% contro il 10% di Cagliari.

L’Osservatorio Migra sulla discriminazione degli immigrati nel lavoro in Trentino mette in risalto che gli immigrati regolari nel nostro Paese hanno un livello di istruzione “ comparativamente più alto rispetto agli italiani”, ma “guadagnano molto meno di loro: in media, la metà”, anche a causa dell'impiego discontinuo. Le loro retribuzioni sono mediamente pari alla metà di quelle degli italiani. Insomma, non basta la regolarità anche se ben peggiore è la situazione nel caso degli irregolari.

La partecipazione sindacale continua a essere molto elevata tanto che sono più di 526mila gli immigrati iscritti rispetto al totale di oltre 5,7 milioni di lavoratori sindacalizzati. Una modalità, questa, anche “per essere meglio tutelati sul piano del riconoscimento della professionalità, dei diritti contrattuali e della prevenzione: nel 2005 si sono verificati tra gli immigrati più di 110mila casi di infortunio di cui 138 mortali” – nota il rapporto. Se è significativo il fatto che, con l’arrivo in Italia, otto immigrati regolari su 10 dichiarino di aver migliorato le proprie condizioni di vita, non è però da sottovalutare che lo scorso anno l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali abbia ricevuto 867 segnalazioni (quasi tre al giorno): un dato che rappresenta la punta di un iceberg, in gran parte sommerso.

Discriminazioni che riguardano soprattutto l’accesso al mercato e il mobbing, ma anche gli alloggi. Il "disagio abitativo" riguarda, infatti, 860mila stranieri e la Caritas parla di "precarietà anagrafica" per ben 250mila soggiornanti, non ancora in grado di iscriversi come residenti al comune perchè alle prese con problemi di alloggio adeguato. Nonostante le tante discriminazioni, il flusso migratorio non è un fenomeno passeggero. Anzi, “diventerà ancora più intenso quando i migranti dalle aree a maggiore pressione demografica - tra le quali l’Africa subsahariana - disporranno di maggiori mezzi per spostarsi e sottrarsi così all’attuale stato di disperazione” – avverte il rapporto. E la stessa promozione dello sviluppo di queste aree, che costituisce un investimento a lungo termine, “lascia comunque in essere il fenomeno dei flussi migratori che rappresentano una valvola di sfogo indispensabile in un contesto di globalizzazione”. In altre parole, le persone vanno dove c’è lavoro. Lavoro che porta ricchezza anche nei loro Paesi d’origine: il 75% degli immigrati invia soldi in patria e nel 2005, le rimesse registrate dal sistema bancario in tutta l’Unione europea hanno raggiunto i 232 miliardi di dollari. Per diversi Paesi proprio le rimesse degli emigrati rappresentano una delle maggiori voci di entrata e sono fonte di sviluppo locale ben oltre i sempre più striminziti “aiuti allo sviluppo” destinati dai governi dei Paesi ricchi. L’opportunità di lavoro offerta dal vecchio continente sta diventando, insomma, possibilità di sviluppo anche per chi resta nei Paesi d’o rigine.

Il bisogno d’amore, invece, accompagna per sempre chi emigra. *di Fondazione Fontana

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