Il ruolo delle religioni nei conflitti
Possono le religioni - spesso indicate fra le cause dei conflitti - dare invece un contributo reale alla loro risoluzione, e addirittura alla prevenzione delle esplosioni di odio e di violenza in aree "calde" del mondo come il Medio Oriente? Se ne è parlato questo pomeriggio in Regione nell'ambito di Officina Medio Oriente, iniziativa dell'Assessorato alla solidarietà internazionale della Provincia autonoma di Trento in collaborazione con una quindicina di realtà trentine che operano in quella parte del mondo. La tavola rotonda, "Non fare a nessuno", è stata moderata dal referente per il dialogo interreligioso nella diocesi di Bolzano, don Mario Gretter. L'incontro ha visto protagonisti lo sheikh Abdul Aziz Bukhari (Jerusalem Peacemakers, leader sufi della comunità uzbeca di Gerusalemme), Suor Houda (monaca del monastero di Mar Musa in Siria), e Daniele Liberanome, appartenente alla comunità ebraica di Milano. Il confronto prendeva spunto dalla fatwa di 600 pagine recentemente redatta dallo sheikh sufi pakistano Tahir ul-Qadri contro l’ideologia dei gruppi terroristi che si rifanno al Corano e alla Sunna. Il documento sfida le giustificazioni religiose del terrorismo islamico, contestando le motivazioni dei kamikaze, indicati non come martiri ma come semplici criminali. Ospite d'onore Pasquale Ferrara, capo unità di analisi politica del Ministero degli esteri italiano, che ha espresso vivo apprezzamento per l'iniziativa del Trentino. Ad aprire il dibattito don Gretter, che ha riconosciuto come le religioni spesso possano incoraggiare sottolineature esasperate dell'identità, che portano a soprusi e a conflitti. "E' una questione di scelta - ha aggiunto - ; dobbiamo stabilire se è possibile, attraverso le religioni, costruire piuttosto che distruggere, in una congiuntura storica per la quale la seconda ipotesi, almeno nella vulgata corrente, sembra prevalere sulla prima". Lo sceicco Bukhari in questo senso ha offerto una testimonianza importante sulle "prove di dialogo" che continuano ad avere luogo, fra rappresentanti dell'islam e rabbini ebraici, persino a Gerusalemme, città dove a volte gli ebrei evitano di mettere piede nella città vecchia, tradizionalmente a maggioranza araba, e dove per converso gli arabo-israeliani tendono a tenersi lontano dai quartieri ebraici. "La Fondazione Costruttori di pace di Gerusalemme - ha detto - ha avviato iniziative importanti, che hanno contribuito ad aprire le menti di molti: ad esempio gli incontri che abbiamo organizzato, prima a Bruxelles e poi in altre città europee, fra cento rabbini e cento imam, i quali hanno consentito lo sviluppo di rapporti di autentica amicizia fra rappresentati di fedi diverse." Da Liberanome è giunto un appello alla concretezza: "Incontrarsi e dialogare attorno a un tavolo - ha detto - è molto importante; ma non basta, bisogna fare qualche passo in più. La pace deve partire dal basso, deve coinvolgere le comunità. Se ci fermiamo alle dichiarazioni di principio non facciamo molta strada. Le religioni hanno qualcosa in più. Dovremmo lavorare nell'applicazione dei principi di base che sono comuni a tutte le fedi." Nella sua testimonianza, anche il racconto di un'iniziativa concreta interrottasi troppo presto: "Nella striscia di Gaza, per iniziativa della Turchia, era sorto un grande complesso industriale. Certo, se vogliamo esso sfruttava le leggi del capitalismo: a Gaza la manodopera costa poco. Ma aveva creato migliaia di posti di lavoro, e aveva attirato investimenti da Israele. Poi, con l'ascesa al potere di Hamas, e in seguito con l'ultimo conflitto, questa esperienza è naufragata." Suor Houda, del monastero cristiano siriano di Mar Musa (visitato lo scorso anno anche da un gruppo di ragazzi trentini), ha descritto un'altra di queste esperienze, facente perno proprio sul dialogo interreligioso. "Lavoriamo con i nostri amici musulmani - ha detto - pur nella consapevolezza delle diversità esistenti fra noi. Per quattro giorni alla settimana si tengono conferenze al mattino e dibattiti al pomeriggio. Mangiamo assieme, rispettando le tradizioni di ciascuno. Meditiamo. Questa esperienza ha ormai dieci anni di vita, ed è cresciuta passo dopo passo. Quando ci confrontiamo su un piano spirituale, le cose vanno bene, E' la preghiera che distrugge i muri esistenti fra noi."