Migra - osservatorio sulla discriminazione degli immigrati nel lavoro

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Visto d'ingresso

è il provvedimento amministrativo che consente allo straniero di entrare e di soggiornare temporaneamente nel territorio di uno stato. La necessità per lo straniero di possedere il visto di ingresso è legata alla libertà che ciascuno stato possiede di ammettere o meno stranieri nel suo territorio. Un esempio del carattere ampiamente discrezionale della concessione del visto è nella legge italiana 39/1990, per cui il visto può essere rifiutato all'interessato senza alcuna motivazione e senza consentirgli un provvedimento di appello. Generalmente il visto viene rilasciato dalle ambasciate o dai consolati del paese nel quale si desidera entrare e viene apposto sul passaporto. Sul visto si specificano il motivo per il quale è stato rilasciato (turismo, studio, lavoro), la durata, il numero di ingressi consentiti e (talora) i valichi dai quali è consentito accedere nel paese. La convenzione di Schengen sta richiedendo ai paesi che l'hanno sottoscritta l'adozione di una politica comune in materia di concessione dei visti. Le norme che regolano l'ingresso degli stranieri sono un tipico prodotto del ventesimo secolo. Fino alla prima guerra mondiale in Europa gli stranieri erano liberi di muoversi tra e negli stati (con l'eccezione della Russia zarista), a meno che qualche ragione speciale (crimini, povertà, etc.) ne consigliasse l'espulsione. Negli USA le prime disposizioni di controllo furono introdotte alla fine dell'Ottocento. (Susanna Peltzel, voce Visto d"ingresso, in Guido Bolaffi, Sandro Gindro, Tullio Tentori (a cura di), Dizionario delle diversità, Liberal Libri, 1998, pp. 283-284. Corrado Bonifazi, l'immigrazione straniera in Italia, Il Mulino, 1998, p

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