Migra - osservatorio sulla discriminazione degli immigrati nel lavoro

scarica il player Flash

Discriminazione

Più del pregiudizio, che attiene alla sfera degli atteggiamenti, e delle ideologie razziste, che appartengono a quella della teoria sociale e politica, la discriminazione riguarda comportamenti concreti, misurabili, ed è bene partire da questi per dare una prima, generale spiegazione del fenomeno, inteso come trattamento differenziale e ineguale delle persone o dei gruppi a causa delle loro origini, delle loro appartenenze, delle loro apparenze (fisiche o sociali) o delle loro opinioni, reali o immaginarie. Il che comporta l’esclusione di certi individui dalla condivisione di determinati beni sociali (alloggio, lavoro, etc.). Le forme di discriminazione cui le persone immigrate vanno incontro quotidianamente sono sostanzialmente di forma “diretta” o “indiretta”. Si ha discriminazione diretta, per esempio, quando per il solo fatto di essere immigrato, un soggetto è escluso da un certo rapporto economico, come accade a proposito degli affitti delle abitazioni, quando si specifica che non si desiderano inquilini immigrati. Si ha “discriminazione indiretta” quando disposizioni e pratiche sociali apparentemente neutre e dotate di fondamenti razionali di fatto penalizzano o favoriscono alcuni gruppi etnici, nonostante la volontà formale (di una legge o di un comportamento) di non discriminare. Un esempio di questo tipo di discriminazione può essere la richiesta di manodopera straniera per svolgere lavori che i cittadini autoctoni si rifiutano, ormai, di effettuare. Un’azione che senza volerlo direttamente, alimenta l’idea che gli immigrati abbiano un diritto al lavoro limitato agli ambiti meno qualificati. L’ambito lavorativo è destinato d’altronde a far emergere vari livelli di discriminazione: dall’ingresso nel mondo del lavoro, dove a parità di requisiti l’immigrato viene costantemente penalizzato come dimostrano numerose ricerche sul campo. Alle condizioni d’impiego che spesso vedono l’immigrato svolgere mansioni non adeguatamente retribuite rispetto all’effettivo orario di lavoro. Fino alle prospettive di carriera, che nel nostro paese diventano, per gli immigrati ma non solo, sogni proibiti che si infrangono contro il pregiudizio ma anche, e soprattutto, contro cavilli burocratici che difficilmente riconoscono il giusto valore a un titolo di studio straniero (non certo risolvibili con la sola concessione della cittadinanza, come insegnano i casi di discriminazione indiretta).